Caldarola, con il suo centro storico dominato dal Castello Pallotta, conserva un’atmosfera che si perde nei secoli. La struttura architettonica dal sapore fiabesco, la sua posizione a ridosso dei Sibillini, le opere del De Magistris, il territorio cosparso di rocche e castelli, la ricca tradizione enogastronomica completano un quadro indimenticabile.

Caldarola nasce come villaggio rurale in epoca precedente ai secoli IX-X e probabilmente deve il suo nome al termine latino “Calidarium” (vasca di acqua calda delle terme). 

Nel corso del XII secolo Caldarola, come il territorio circostante, viene coinvolta nello scontro tra Papato e Impero. Roma concesse il territorio come feudo a Camerino in cambio della fedeltà di quest’ultimo ai pontefici. Finalmente nel XV secolo Caldarola ottenne l’indipendenza grazie a papa Eugenio IV il quale, nel 1434, con una bolla di emancipazione diede il via ad un periodo di sviluppo per il comune fino al suo massimo splendore nel secolo seguente.

Il castello, che già dal IX secolo dominava il borgo, venne acquistato nel 1450 da Jacopo Pallotta, primo componente della nobile famiglia che trasformò il volto del centro medievale. Fu infatti grazie al cardinale Evangelista Pallotta  (porporato dal 1587 sotto papa Sisto V) che Caldarola ebbe un notevole sviluppo. Oltre ad apportare modifiche al castello, il cardinale elaborò un progetto unitario che ridisegnò l’intera struttura urbanistica: la centrale piazza Vittorio Emanuele, su cui si affacciano il Palazzo Pallotta e la collegiata di San Martino, è il simbolo più evidente di tale trasformazione.

 

Per il cardinale Pallotta lavorò Simone De Magistris, celebre pittore e scultore caldarolese che realizzò molte delle opere che abbellirono i nuovi edifici e che rappresenta, forse, la punta più alta di una notevole e feconda scuola  pittorica familiare (già il padre, Giovanni Andrea de Magistris era notevole pittore).

Il comune di Caldarola visse alterne vicende rimanendo sotto il diretto controllo dello Stato Pontificio fino all’annessione al Regno d’Italia del 1861.

Da sottolineare come il territorio del comune fu interessato da un’intensa attività partigiana nel corso della seconda guerra mondiale. Ogni anno dalla piazza centrale di Caldarola parte la “Marcia della Memoria”, che porta i partecipanti al vicino borgo di Montalto dove il 22 marzo del 1944 si svolse uno dei più cruenti eccidi della storia marchigiana.

Il territorio del comune di Caldarola e costellato da un numero considerevole di rocche e castelli, facenti parte per lo più della cinta difensiva costruita dai Da Varano di Camerino. I castelli conservano molti degli aspetti originari ed al loro interno si respira un’aria immutata nei secoli. I pendii in cui sorgono i castelli sono oggi resi ancor più suggestivi dai numerosi uliveti (prevalentemente olivi della varietà Coroncina e della varietà Oliva grossa) che vi trovano dimora.

Vestignano

La prima citazione datata di Vestignano, corte del comitato di Camerino, compare nel 969 in un elenco di possedimenti dell'Abbazia di San Clemente a Casauria, oggetto di un diploma dell'imperatore Ottone I. Rimangono a Vestignano consistenti resti dell'impianto urbanistico medievale, quali un torrione cilindrico angolare e la cinta muraria in pietra risalente al sec. XIV. All'esterno delle mura sorge la duecentesca Chiesa di San Martino, rimaneggiata nel sec. XVI. Durante la Resistenza fu sede di comando partigiano.

Pievefavera

Nell'insieme Pievefavera si presenta fortificata su quasi tutto il perimetro (ad eccezione del lato nord-ovest dove le mura sono state inglobate dal palazzo signorile e in parte demolite) con cortine verticali in pietra calcarea bianca. Cinque torri vigilavano sulle mura cittadine: tre a pianta quadrata di cui due rompitratta e una angolare, due poligonali agli angoli contrapposti secondo uno schema tipico locale. Lungo la sponda meridionale del lago sottostante sorge un'area archeologica di epoca romana dove sono presenti strutture di età tardo repubblicana appartenenti alla pars rustica di una villa. Nei pressi è situato l'Antiquarium dove sono conservati i materiali archeologici. Nel 1883 alcuni scavi archeologici nella zona di Mercatale (ai piedi dell'attuale paese, sulla riva destra del fiume Chienti) portano alla luce i reperti ed una tomba del periodo romano, elementi che negli anni avvaloreranno l’ipotesi dell'esistenza di un antico nucleo romano chiamato Faveria, nato alla base dell'attuale sito. In seguito alla caduta dell'Impero Romano, Pievefavera seguì le sorti di tutti quei piccoli centri montani che, per continuare a vivere, si arroccarono in luoghi impervi, al sicuro di mura castellane. La cellula germinativa del nuovo insediamento fu la pieve; i documenti più antichi nei quali si fa espressamente menzione della plebs sono pergamene descrittive delle proprietà dell'Abbadia di Fiastra risalenti al 1170. Un documento datato 1266 attesta l'acquisto di terre per la costruzione a nord delle mura cittadine da parte del pievano Berardo Da Varano, mentre l'ultima cerchia è ascrivibile al XVI secolo. Ancora oggi è perfettamente riconoscibile il percorso principale che dalla porta più in basso, a nord, conduceva alla Pieve attraverso altre tre porte, ovvero tre secoli di storia. 

Croce

Il castello di Croce del XIV secolo mantiene intatta la struttura di un notevole sistema di fortificazioni realizzate con grosse pietre squadrate. Dell'antica fortezza rimane la torre poligonale, oggi campanile della chiesa parrocchiale al cui interno sono conservate opere pittoriche di Nobile da Lucca e dei De Magistris.

Non è noto se l'insediamento alto medioevale ebbe fasi di vita precedenti. Non lo rivela il toponimo, né le notizie pervenute. È noto che nel 967 la zona era divisa in due corti appartenenti all'Abbazia di San Clemente a Casauria in Abruzzo: Curtes in cruce. Il paese prese nome dal titolare della propria chiesa: Santa Croce. La fortificazione di Croce pervenuta a noi è varanesca e difende il lato a levante del colle stesso. La prima struttura difensiva, La cortina di levante è imponente, la più grande fra i castelli della zona, è esposta per molte ore alla luce mattutina e meridiana, con rare finestre, in parte recenti. Al centro, la porta d'ingresso ad arco acuto. La parete a sud è occupata dalla chiesa, forse ricavata posteriormente.

 

 

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